Cucinare la Pasta al Dente
Perché si dice cucinare la pasta al dente? Da cosa deriva? Come si fa? E’ meglio o peggio della pasta stracotta?
Esistono almeno due idee generali del perché si dice “pasta al dente” ed i grandi chef in tutto il mondo usano proprio l’espressione italiana. La prima teoria, che mi sembra la più credibile, propone che la pasta sia in qualche modo più croccante durante la masticazione e quindi più buona ed in qualche modo sia in grado di legare meglio con i sughi. La seconda ipotesi è che nelle ricette signorili del seicento la pasta venisse cotta a lungo nel brodo ma il popolo napoletano che mangiava gli spaghetti di grano duro li preferiva <vierde vierde> cioè verdi verdi, non <maturi ovvero stracotti>. Il significato sarebbe che non deve essere completamente cotta e morbida, ma deve conservare un poco di durezza interna, come se fosse un dente; nel corso dei secoli e soprattutto nel ‘900 si sostituì la più italiana dicitura al dente.
I cuochi italiani definiscono al dente il punto di cottura in cui la pasta è tenera all’esterno, ma ancora leggermente dura all’interno. In generale la cottura della pasta “al dente” è ritenuta più digeribile soprattutto non causerebbe eccesso di dispersione delle proprietà nutritive nell’acqua di cottura ed in qualche modo ridurrebbe i possibili picchi glicemici dopo il consumo.
5 veloci regole da ricordare durante la cottura:
- Impara a leggere le indicazioni scritte sulla confezione, il suggerimento del produttore è il risultato di numerose cotture. E’ ora di cambiare metodo.
- Non sempre le istruzioni sono perfette, sarà meglio assaggiare la pasta ad intervalli regolari per identificare quando la cottura è al dente.
- Punta un cronometro e dopo 6-7 minuti di cottura fai un primo assaggio, la pasta dovrà risultare ancora parzialmente dura. Attenzione: ricorda di soffiare prima di morderla per raffreddarla altrimenti povera lingua.
- Le prime volte dovrai assaggiare ogni 30 – 60 secondi prima di capire quando scolare. La consistenza dovrà essere soda ma non dura. Alcuni preferiscono spezzare un pezzo di pasta a metà osservando la sezione interna; se la pasta appare cotta all’esterno ed ha un piccolo punto intendo biancastro non cotto allora è il momento giusto.
- I grandi chef sconsigliano lo scola pasta preferendo pinze e forchettoni, in ogni modo solo la pratica porterà al perfetto tempismo per togliere la pasta dall’acqua.
La pasta è composta essenzialmente da amido (polisaccaride complesso del glucosio) e glutine (lipoproteina) che è addensante e conferisce viscosità, elasticità e soprattutto coesione ovvero unisce i granuli di amido, è povera di minerali e di proteine. Durante la cottura, l’amido assorbe acqua e si gonfia rapidamente fino a rompersi e a liberare il suo contenuto, la rete di glutine, che si dispone fra i granuli di amido, tende invece a trattenere il più possibile i granuli di amido. I due processi, rottura dell’amido e ipercorrezione del glutine sono favoriti dal calore ed avvengono a temperature molto vicine tra di loro proprio durante il processo di cottura, l’unico dato variabile è dato dal tempo di tale processo ecco perché è importante tenerlo sempre sotto controllo, impediremo una eccessiva dispersione di amido. La pasta troppo cotta o scadente tende a diventare molto collosa proprio per un eccesso di amido sciolto nell’acqua che apparirà biancastra; per contro la pasta al dente ovvero ben cotta e di qualità avrà una giusta consistenza e saranno preservate le caratteristiche organolettiche e di sapore originali. Proprio questa è la ragione della migliore e maggiore digeribilità della pasta ben cotta, i granuli di amido ancora integri ed interi saranno assimilabili in modo graduale evitando i picchi glicemici.
Se in teoria l’amido cotto è più digeribile poiché viene rotta la capsula di cellulosa che lo circonda, non dobbiamo dimenticare che la digestione degli amidi avviene per gran parte nella bocca grazie ad un enzima, la ptialina, che opera una prima importante loro digestione. La pasta molto cotta (o scotta) diventa scivolosa e molle tanto che si tende a non masticarla. Di conseguenza la ptialina non opera la sua digestione e la pasta scotta passa rapidamente nel tubo digerente dove tende a formare un impasto colloso che non solo è difficile da digerire, ma rende enormemente più difficoltoso il transito intestinale potendo provocare episodi di stitichezza e dolori addominali. Avete mai provato a farvi la colla di amido in casa ottima per la cartapesta? Ebbene la pasta troppo cotta forma degli aggregati collosi che impediscono ad enzimi e succhi gastrici di poter agire in profondità allungando i tempi di digestione ovvero riducendo tale processo. Ma cosa succede se la pasta è poco cotta? Anche in questo caso i succhi digestivi vengono “rallentati nella loro azione poiché l’amido è troppo compatto e poco idratato, incapsulato dalla cellulosa che per noi umani è non digeribile per assenza di enzimi idonei. La pasta cruda staziona nel tubo digerente per tempi molto lunghi richiamando acqua fino alla rottura dei granuli di amido.
In definitiva ecco spiegato il motivo per cui la pasta si cucina al dente: la sua corretta cottura serve a far scoppiare il rivestimento di cellulosa mentre la sua masticazione crea il giusto impasto con l’enzima di prima frantumazione della catena di glucosio di cui è composto.
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